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Nella terra della pace è morta la pace NYC Palestine Full view

Nella terra della pace è morta la pace

ﺑﺄرض اﻟﺳﻼم ﻣﺎت اﻟﺳﻼم

di Halima Rakiki

I valori occidentali, che garantiscono nell’immaginario comune pace, democrazia, libertà, progresso, sono validi solo entro certi confini. Valori che incarnano virtù e modi di vivere vengono utilizzati in modo strumentale per analizzare ciò che non si allinea agli standard sociali, anziché interrogarsi sulle questioni fondamentali che misurano l’etica e la moralità. Produttività e profitto sono le vere “virtù” e se la propria sicurezza e salvaguardia non sono in pericolo, tutto procede secondo l’ordine prestabilito.

Quindi? Non si può parlare di valori nel ventunesimo secolo? Al contrario, è necessario riscattare i valori in cui crediamo, renderli propri e viverli in carne propria senza aspettare che sia un sistema claudicante a legittimarli.

Il 7 ottobre ha sancito una via di non ritorno. La situazione di oppressione che viveva la striscia di Gaza, e più in generale la Palestina, aveva già dato segnali dell’efferatezza dello Stato di occupazione.

“Il 2023 segna un anno di record per i bambini palestinesi” così titola Save the Children il 18 settembre. Record di morti, l’anno più letale per i bambini prima ancora del massacro iniziato poi da lì a poco meno di un mese.

Non focalizzandosi solo sull’immediato passato si può intendere in miglior modo la situazione odierna. Tornando indietro di un secolo, il 2 novembre 1917 Balfour, ministro esterno inglese, dichiarava: “Il governo di Sua Maestà osserva con favore l’istituzione in Palestina di una patria nazionale per il popolo ebraico, e farà del suo meglio per facilitare il conseguimento di questo obiettivo, pur restando chiaro che nulla dovrà essere fatto che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non-ebraiche esistenti in Palestina, o i diritti e lo status politico goduto dagli ebrei in qualsiasi altro paese.” Le domande che sorgono spontanee sono, innanzitutto, perchè il ministro degli esteri inglesi può predisporre del Levante prima ancora dell’inizio del Protettorato inglese (1920-1948) e, in secondo luogo, perchè “osservare con favore ” è diventato con il passare degli anni una realtà ancora più violenta di quella inizialmente pensata?

Abdessalam Yassine a questo proposito scrive: “La promessa di Balfour agli ebrei durante la Prima Guerra Mondiale era legata a tutti gli eventi che portarono alla fondazione dello Stato di Israele.” Una serie di soprusi che vanno avanti in virtù di un valore che accomuna l’Occidente del ventesimo secolo (e non solo): il colonialismo. Ecco perchè riferire al 7 ottobre l’inizio della strage vuol dire stare al gioco della narrazione eurocentrica, Fannon scriveva nel 1961: “Non si è forse abbastanza mostrato che il colonialismo non si accontenta d’imporre la sua legge al presente e all’avvenire del paese dominato. Il colonialismo non si soddisfa di stringere il popolo nelle sue spire, di vuotare il cervello colonizzato d’ogni forma e d’ogni contenuto. Per una specie di perversione della logica, esso si orienta verso il passato del popolo oppresso, lo storce, lo sfigura, lo annienta. Questa impresa di svalutazione della storia di prima della colonizzazione assume oggi il suo significato dialettico.”

L’indifferenza caratteristica dell’opinione pubblica di fronte a soprusi e ingiustizie, legittimate dal silenzio, è una delle armi principali dell ’occupazione e di tutte le forme di violenza in generale.

“L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. Vivere vuoldire essere partigiani”, un aspetto inestricabilmente connesso alla vita umana, quello della necessità di fare delle scelte, di schierarsi. Il non accettare lo stato di cose presenti è il primo passo per il cambiamento. Una semplice condanna del riprovevole è il primo passo per essere partigiani, una condanna a favore dei valori di pace e libertà che non verrebbero così limitati entro i confini europei. Non è una questione di tifoserie, come viene spesso semplificato, si tratta di reclamare i principi per una questione di identità e appartenenza, per una promozione del cambiamento, per responsabilità e consapevolezza e per la preservazione della cultura e della storia. Soprattutto per fare giustizia ed essere voce degli innocenti, uomini, donne, bambini, giornalisti uccisi dal regime sionista, mentre i media non riescono neanche a menzionare chi è il responsabile delle tragedie che colpiscono i palestinesi.

Nell’ambito della commemorazione della morte dell’imam Abdessalam Yassine, un uomo che ha riunito le idee di giustizia e spiritualità non possiamo non prendere posizione contro abusi, prepotenza e prevaricazione. L’imam, infatti, sostiene che “I valori morali non hanno che un’incidenza marginale, se non nulla, sullo svolgimento e sul l’organizzazione delle società avanzate, l’ideale della società da ricostruire, invece, considera i valori morali e spirituali sia motivazione che finalità e ragion d’essere del progetto individuale e collettivo.”

Che Dio abbia misericordia delle anime che a Gaza hanno lasciato questa vita, per i lorovalori, per mano di un regime iniquo e dispotico.

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