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Fondamenti coranici per il dialogo interreligioso* Holy Quran3 Full view

Fondamenti coranici per il dialogo interreligioso*

 Holy Quran3

L’Islam non si considera, nei confronti delle altre religioni monoteiste, una religione nuova, ma si consi­dera come l’ultimo messaggio di quell’unica religione, eterna ed univer­sale che Dio ha voluto per l’umanità; il Corano non è altro, quindi per i musulmani, che la rivelazione ultima e perfetta di quell’unica fede. Ciò implica naturalmente il riconosci­mento da parte dei musulmani delle rivelazioni precedenti il Corano attestate nei libri rivelati de­gli ebrei e dei cristiani, sno­datesi come catena di una comune tradizione, secondo l’Islam tutti questi libri avevano la medesima funzione ricordare all’essere umano la presenza del Creatore e il senso e la finalità della vita terrena. E’ la concezione musulmana dell’uomo che trapela da questo insegnamento: dopo aver perdonato ad Adamo la sua colpa, Dio informa gli uomini dicendo: “Riceverete da Me una Guida, coloro che seguiranno la Mia Guida non avranno timore, né tristezza” la guida è rappresentata dalla serie delle rivelazioni di cui ciascuna, attraverso la storia umana, conferma, completa e rettifica la precedente.

Così l’uomo, innocente e libero, deve fare la sua scelta (accettare o rifiutare la Rivelazione); ci sarà necessariamente una diversità tra gli uomini e in questo senso i tre versetti che seguono, apparentemente simili, danno insegnamenti che si sommano e si completano, il primo di questi recita: “Ma se Iddio avesse voluto, li avrebbe [gli esseri umani] tutti riuniti sulla retta via: non esser quindi anche tu tra gli ignoranti”; Questo versetto insegna che la diversità è la volontà del Trascendente, il secondo versetto precisa che in nome di questa volontà di diversità la costrizione in materia di religione è proibita “E se il tuo Signore avesse voluto, avrebbe fatto credere tutti quanti son sulla terra. Ma potresti tu costringere gli uomini ad esser credenti a loro dispetto?”, quindi la costrizione in materia di fede è inammissibile islamicamente parlando; inoltre il Corano insegna che l’obbiettivo della differenza è metterci alla prova per sapere come reagiremo di fronte a ciò che ci è stato rivelato: l’ingiunzione ultima è di utilizzare le differenze per gareggiare nelle buone opere, recita il versetto: “Se Iddio avesse voluto, avrebbe fatto di voi una Comunità Unica, ma ciò non ha fatto per provarvi in quel che vi ha dato. Gareggiate dunque nelle buone opere”.

La diversità tra le religioni, le nazioni, i popoli è una prova per l’uomo affinché egli impari a gestire la differenza che è in sé una necessità, un altro versetto coranico dice: … E se Iddio non respingesse gli uomini gli uni per mezzo d’altri, la terra si corromperebbe, ma Dio è pieno di grazia per il mondo”; se non esistessero differenze tra gli uomini, se il potere fosse di uno solo (di una nazione, di una razza o di una religione), la terra sarebbe traviata perché l’essere umano ha bisogno della presenza dell’altro per contenere le proprie velleità di espansione e di dominio. Un altro versetto è più preciso ancora per quanto riguarda il soggetto che ci interessa: “… E certo se Dio non  respingesse alcuni uomini per mezzo d’altri, sarebbero ora distrutti monasteri, sinagoghe, e oratori e templi nei quali si menziona il nome di Dio ripetutamente”. La menzione di diversi luoghi di culto ci vuole dire che esiste la diversità di religione, e che questa diversità serve proprio a proteggerle tutte, inoltre il fatto che la lista dei luoghi inizi con monasteri, sinagoghe e oratori prima di parlare di templi, ovvero di moschee, indica il riconoscimento coranico a tutti i luoghi di culto, alla loro inviolabilità e naturalmente al rispetto di coloro che vi pregano. Così come la diversità è la fonte della nostra prova, l’equilibrio delle forze è l’esigenza del nostro destino. E’ responsabilità dell’uomo trarre profitto da questa differenza, che potrebbe naturalmente condurlo al conflitto, per stabilire un rapporto di competizione nel bene.

L’equilibrio delle forze non dovrebbe essere nel rifiuto o nell’ignoranza reciproca ma fondamentalmente nella conoscenza, Dio dice: “O uomini, in verità Noi vi abbiamo creato da un maschio e una femmina e abbiamo fatto di voi popoli vari e tribù affinché vi conosceste a vicenda”. La conoscenza dell’altro quindi è l’obbiettivo della diversità ed è il passaggio obbligato per superare il timore della differenza e arrivare al reciproco rispetto. Così l’essere umano vive una prova necessaria nella sua natura ma che può- e deve- padroneggiare con lo sforzo della conoscenza, e del riconoscimento, di coloro che non appartengono alla sua tribù, al suo Paese, alla sua razza o alla sua religione.

Il nobile Corano non invita i musulmani solo a dialogare ma insiste anche sulla forma che deve assumere il dialogo e sul modo in cui bisogna impegnarvisi. Non si tratta solo di uno scambio di saperi, ma è anche e soprattutto un modo di essere e di parlare, si dice nel Corano: “e discuti con loro nel modo migliore” o ancora “ E non disputate con la gente del Libro se non con le migliori maniere” e in un altro versetto ancora si dice: “Dio non vi proibisce di agire con bontà ed equità verso coloro che non vi combattono per religione e non vi hanno scacciato dalle vostre abitazioni, poiché Dio ama gli equanimi”. Questo versetto ci informa che se il dialogo è necessario e se il modo di parlare è importante, siamo qui invitati a stabilire legami di bontà e di giustizia con tutti gli esseri rispettosi della nostra libertà di coscienza e della nostra dignità umana. Il dialogo è una questione di convinzione, di ascolto, di saper essere e di cuore.

Naturalmente ciascun credente si impegna nel dialogo interreligioso alimentato da una fede o da una convinzione a partire dalla quale capisce se stesso, concepisce il mondo e stabilisce le relazioni con il proprio ambiente. La rivelazione islamica insegna il riconoscimento della pluralità e il rispetto per ciascuno, nel Corano è detto. “… e dite: “noi crediamo in quello che è stato rivelato a noi e in quello che stato rivelato a voi e il nostro e il vostro Dio non sono che un Dio solo”.

Il dialogo interreligioso si deve avviare e costruire a partire dai valori e insegnamenti comuni, che aprono la strada. E’ necessario quindi fondare il dialogo sulla conoscenza reciproca cercando di evidenziare le convinzioni, i valori, e le speranze comuni e circoscrivendo in modo chiaro le specificità, le differenze e anche le opposizioni. Dialogare significa innanzitutto rispetto dei diritti di tutti, senso del proprio essere limitati e capacità di ascolto dell’altro mettendo al centro il molto che ci unisce anziché il poco che ci divide.

 

* Tratto, con variazioni, dal libro di Tariq Ramadan “L’Islam in Occidente” Rizzoli, 2006

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